Gianfranco Baruchello, Diego Bonetto, Emilio Fantin, Piero Gilardi, Vito Maiullari, Luana Perilli, Mariagrazia Pontorno
Da grande madre, la natura è diventata spazio da depredare con nessuna considerazione per le sue leggi e i suoi equilibri. Gli artisti che partecipano a questa mostra lavorano da anni sulle difficili problematiche legate alla salvaguardia dell’ambiente e della vita in tutte le sue forme.
Il lavoro di Gianfranco Baruchello si intitola: “Un metro cubo di terra – EARTH EXCHANGE” e prevede lo scambio di due metri cubi di terra “pura”, di cui uno proveniente da Santa Cornelia, sede della Fondazione Baruchello, e l’altro dalla campagna di Martina Franca. La terra come depositaria di valori ancestrali è il tema di questo lavoro inedito e del video “Lelieu”. Il messaggio dell’australiano Diego Bonetto, in mostra con una mappa e un video, è che osservando e attraversando gli spazi naturali si può imparare il linguaggio dimenticato della natura. Nasce da una collaborazione tra la Fondazione Noesi e l’Accademia di Belle Arti di Bari (con il coordinamento di Antonella Marino e Maria Vinella) il laboratorio di EmilioFantin sulla natura e l’agricoltura biodinamica, e l’interpretazione artistica dei processi vitali delle piante, utilizzando il disegno e la pittura come mezzi espressivi. Le lezioni si terranno a Bari il 4 e il 5 giugno e i lavori saranno esposti a Martina Franca. Nell’installazione sonora in poliuretano “Controcorrente” di Piero Gilardi la natura finta e simulata, dietro la seduzione ludica, cela il messaggio drammatico dell’esaurimento delle risorse ambientali, prima tra tutte l’acqua. Vito Maiullari, con il suo lavoro “Risonanze”, un’architettura sonora con sette stele di pietra di Apricena, riflette sull’importanza di rimettersi in ascolto dei suoni della pietra. La video installazione di Luana Perilli, incrociando l’arte alla sociobiologia e all’entomologia, invita a considerare la vita nella sua interezza e a recuperare il senso di comunità, mettendo in discussione il modello individualistico dominante in Occidente. Nell’opera di Mariagrazia Pontorno, un ulivo centenario sradicato, il mezzo tecnologico e il linguaggio 3D rappresentano una natura artificiale, metafora di una mancata occasione di comunicazione e unione con la realtà circostante, che è alla base della pratica predatoria degli ulivi secolari.