“Niente da vedere. Niente da nascondere” affermava, ermetico e dissacrante, Alighiero Boetti a proposito di un’arte che non ha precise finalità né esatte motivazioni. L’arte è. Sta nel mondo. Anzi “fa mondi” per dirla con Daniel Birnbaum.
Anche la poetica del lavoro di Piero Di Terlizzi crea mondi. Mondi sospesi tra il rigore della pratica concettuale e la metafisica dell’incanto percettivo, densi dell’essenza intima delle cose e dell’ironia straniante delle visioni dell’artista.
Da anni Di Terlizzi coniuga – con matura consapevolezza e severa azione del ‘fare’ – spaesamento spaziale e rarefazione temporale per condurre le proprie sperimentazioni, innanzitutto linguistiche e mentali e poi di metodi e di materiali.
La ricerca dell’artista si estende dalla pittura al disegno, dalla scultura alla installazione ambientale, privilegiando l’analisi di forme/figurazioni geometriche quasi organiche, articolate mediante una tessitura di superfici estremamente sensibile alle relazioni chiaroscurali o cromatiche di luce-ombra, e costruite come architetture di pure vibrazioni in grado di accogliere – pur nell’incostante e progressiva mutevolezza – il muto scorrere del tempo e l’elegante leggerezza dello spazio.
Maria Vinella